Implementazione di sistemi di controllo dell’umidità relativa di precisione nei laboratori di conservazione del patrimonio culturale italiano: processo, protocolli e ottimizzazioni esperte

La gestione dell’umidità relativa rappresenta un pilastro fondamentale nella conservazione preventiva dei materiali culturali, dove anche piccole oscillazioni possono innescare degrado irreversibile.

Nell’ambiente dei laboratori di conservazione, l’UM (umidità relativa), espressa in percentuale, determina direttamente la stabilità chimica e fisica di materiali come carta, tessuti, legni antichi e pigmenti organici. La mancata regolazione o il controllo errato dell’UR (umidità di superficie) può provocare fenomeni di rigonfiamento, ritiro, formazione di muffa, distorsione dimensionale e deperimento strutturale, compromettendo decenni di lavoro conservativo.

«L’UR ideale per materiali organici varia tra il 45% e il 55%, ma ogni tipo di supporto richiede tolleranze specifiche: il papier-mâché resiste meglio al 50±5%, mentre i tessuti a base di cotone necessitano di un intervallo ristretto di 50±3% per evitare degradazione idrica.»

Secondo le linee guida UNESCO per la conservazione preventiva (UNESCO, 2021) e la normativa italiana UNI 11472:2017, i laboratori devono mantenere un ambiente stabile con UR tra il 45% e il 55%, con variazioni massime di ±3% per interventi critici. Il monitoraggio continuo è imprescindibile per prevenire rischi, poiché misurazioni sporadiche non cogli l’evoluzione dinamica del microclima.

Analisi del contesto ambientale: fluttuazioni e sfide dei laboratori storici

I laboratori di conservazione, spesso situati all’interno di edifici storici con strutture murarie antiche, presentano microclimi caratterizzati da elevata eterogeneità spaziale. Le fluttuazioni stagionali, la scarsa ventilazione e la vicinanza a fonti di calore o umidità (es. pavimenti in pietra umida, impianti di condizionamento non integrati) creano condizioni instabili. Zone come angoli interni, spazi sotto scaffali o vicino a finestre non orientate sono punti critici di accumulo di UR.

  1. Caratterizzazione ambientale tipica:
    • Temperatura: 18–22°C (obbligatorio per stabilità chimica).
    • UR: 45–55% (intervallo base, con tolleranze strette per materiali sensibili).
    • Correnti d’aria: evitare flussi diretti su superfici esposte; zone di stagnazione favoriscono condensazione.
  2. Metodologie di rilevazione integrata:
    Sensori distribuiti a 1,5–2 m di altezza, lontano da muri esterni e fonti di calore, registrano UR ogni 15 minuti. Dati archiviati in database centralizzati con timestamp preciso e validazione automatica.
  3. Integrazione telematica:
    Sistemi BMS (Building Management System) ricevono allarmi in tempo reale e attivano deumidificatori direzionali o ventilatori mediante interfaccia protocollata (BACnet/Modbus).

Caso studio: Museo del Risorgimento di Firenze – laboratorio papier-mâché ha implementato una rete wireless di 8 sensori calibrati su supporti a 2,3 m di altezza, con allarme automatico quando UR superava 56% per 30 minuti, riducendo del 40% i segnalazioni di degrado idrico in 18 mesi.

Fasi operative per installazione e certificazione di sensori di UR

1. Selezione e certificazione dei sensori

I sensori certificati EN 13164 (UM), ISO 16000 (ambiente interno) e UNI 11472 (conformità italiana) garantiscono precisione di ±2% a 25°C e stabilità di ±1%/anno. Si prediligono modelli con alimentazione a batteria a lunga durata (2–3 anni), resistenza all’umidità elevata e certificato CE/IT. Evitare sensori non calibrati o con componenti non sostituibili.

  1. Verificare la gamma di misura: selezione tra 30–80% UR con intervallo adatto al materiale (es. carta 45–55%, tessuti 50±5%).
  2. Controllare la precisione (±2%), stabilità a lungo termine e facilità di autocertificazione.
  3. Calibrazione iniziale in laboratorio con riferimento tracciabile (ISO 16000-21), documentare certificato con data, responsabile e tracciabilità.

Errore frequente: posizionare sensori direttamente a contatto con superfici umide o in zone vicine a impianti di calpestamento. Questo genera letture distorte e mancata rilevazione del microclima reale.

2. Installazione e posizionamento strategico

I sensori devono essere installati a 1,8–2,2 m di altezza, in posizioni rappresentative del microclima globale, lontano da zone di stagnazione, correnti d’aria e fonti di calore. Distanze minime da muri, pavimenti e scaffali: almeno 30 cm per evitare effetti di parete. Utilizzare supporti antivibrazione e impermeabili.

  1. Utilizzare supporti non invasivi: clip magnetiche o adesivi a base neutra per evitare danni strutturali.
  2. Evitare posizionamenti in prossimità di impianti di condizionamento diretto o pavimenti umidi.
  3. Documentare con foto georeferenziate il punto di installazione e la distanza da elementi critici.

Esempio pratico: Centro Studi Restauro Tessuti (Firenze) ha adottato sensori IoT con certificazione UNI 11472, installati a 2,1 m da cornici murarie, con registrazione ogni 10 minuti e allarme automatico via SMS al responsabile.

3. Calibrazione e validazione

La calibrazione avviene in laboratorio certificato ogni 6 mesi con riferimento tracciabile (ISO 16000-21). Si esegue un confronto incrociato tra sensore principale e di riserva, con correzione automatica in caso di deviazione superiore al 0,5%. La documentazione comprende certificato con firma digitale, tracciabilità completa e manuale operativo in italiano.

  1. Eseguire autocertificazione con protocollo di validazione interna (checklist checklist).
  2. Verificare la stabilità su 72 ore con registrazione continua.
  3. Aggiornare database centrale con dati validati e generare report di conformità.

Metodologie avanzate: monitoraggio continuo, gestione dati e automatizzazione

L’implementazione di reti di sensori wireless (LoRaWAN o Zigbee) garantisce copertura estesa con basso consumo energetico e lunga durata (fino a 5 anni con batterie a lunga vita). I dati vengono raccolti in tempo reale e visualizzati su dashboard interattive come Sensorly o Grafana, con allarmi configurabili dinamicamente in base alla soglia di UR (es. 52% → allarme moderato, 58% → critico).

Trend e analisi predittiva:
Modelli di machine learning, basati su dati storici di UR, temperatura, CO₂ e umidità esterna, anticipano picchi di umidità con ±4 ore di anticipo, permettendo interventi proattivi. Integrazione con previsioni meteo locali consente simulazioni di scenari ambientali future.

Esempio: Museo degli Uffizi ha implementato un sistema predittivo che, grazie ai dati integrati, ha ridotto i tempi di intervento su umidità critica del 60%, evitando danni a tessuti esposti.

Interfacciamento

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